CENNI STORICI
      

Il nome del Comune “Diano” fa pensare alla Dea della caccia degli antichi Romani e dei Liguri, valenti cacciatori e primitivi popoli di queste terre, prima quindi delle predicazioni apostoliche di S. Paolo, di S. Barnaba, di S. Restituto, di S. Frontiniano e di S. Cassiano, che qui propagarono il cristianesimo.

I Romani non avevano grandi templi ed adoravano i loro Dei in aperta campagna, specialmente nei boschi sacri, ove maggiore era il silenzio ed il mistero.

 

E' storico che, appunto intorno ad Alba si estendessero i boschi divini; quello di Diana, sul colle dove sorge ora il Comune di Diano, quello di Marte nei pressi di Barbaresco.

 

L'opinione che Diana che qui avesse un culto speciale, è comprovata dal fatto che all' ingresso del paese a sinistra della provinciale Alba-Diano e a circa cinquanta metri dalla galleria, esiste nel fianco della roccia, un' edicola o tempietto, con la dedica a Diana: " quae fuerat, quondam, hic esulta sacello" . L' epigrafe fu ancor vista e letta dal Rev. Sig. Teol. Mons. G. Falletti arciprete di Diano e da molti contemporanei del Mons. Cagnassi che la convertì in Cappella in onore di S. Lucia, poco prima del 1888 come è espressamente annotato negli atti di visita di S. E. Mons. Pampirio Vescovo di Alba.

 

Incorporati poi nella Repubblica Romana, i Liguri - duri atque agrestes - furono circoscritti nella IX regione italica, e poco a poco forgiarono i loro rozzi costumi, la loro vita e poi la loro religione su quelli dei Romani e dei primi Cristiani.

 Stilicone e la battaglia di Pollenzo

Diano ne seguì con Alba gli eventi e la storia e non ebbe a soffrire delle angherie dei Visigoti di Alaricco, i quali dovettero arrestarsi di bel nuovo a Pollenzo, vinti dal prode Stilicone, generale romano che li sconfisse nella Pasqua del 402.

 

E' la vittoria da cui probabilmente ebbe origine il Comune di Santa Vittoria e per cui Asti che resistette all' assedio di Alarico fu "fiera di strage gotica". Appunto in quei lontani secoli il "sicus" o villaggio di Diano assunse un importanza considerevole, riconosciutagli dai Re e dagli storici. Doveva certo essere uno dei luoghi principali dell'antico contado albese, perché quando nel 640, durante le invasione barbariche, Rotari, re dei Longobardi, diminuì, di molto il potere di Alba, la sede dell'amministrazione locale (in persona del gastaldo, dipendente dai re longobardi e sorreggente il comes imperiale) fu portata a Diano, rimanendo Alba la sede del Vescovo. Infatti restituito con Carlo Magno il titolo comitale al capoluogo, questo continuò a chiamarsi per un pezzo "Comitato Dianese" e soltanto dopo 1000 ricomparve il nome "Comitato Albese" prima accanto all'altro, poi da solo.

Il fatto risulta da non pochi documenti e specificatamente dal diploma imperiale di Ludovico II dell'anno 870 in cui egli concede la terra di "Atticianum in comitatu dianensi" ad Engelberga sua moglie.Cosi pure nel diploma del 1014 di Enrico II il Santo a favore del monastero di Fruttaria (S. Benigno Canavese) il Comitato Dianese viene confermato in dono all'abate Guglielmo. "Confirmatus et prefato monasterio omnem illam hereditatem …cortes ed castella, quae posita sunt in comitatinus Astensi, Aquensi, Dianensi, et Bredulensi…" Diano e non Alba, citato con le province di Asti, di Acqui e di Credulo (Breo Mondovì). Sotto agli aleremidi, i quali erano i signori delle Langhe, il potere di Diano e di Alba si consolidò, tanto che entrambi i comuni godettero di una relativa floridezza commerciale e agricola.

 

In un'altra carta con cui nel 1033 il Marchese Manfredo II di Susa e Berta sua consorte ed il Vescovo Alarico diedero all' abbazia di San Giuseppe di Susa il luogo di Priola - Petra Auriola - accennano come esistente il Comitato dianensi; mentre lo stesso luogo e nello stesso anno 1033, nell'atto della fondazione dell'abbazia di Castiglione, dal Marchese Adalberto è detto in Comitatibus Aquensi, Albensis, ecc.

 

Manfredo II e Berta d'Ivrea furono i genitori della celebre Adelaide "la contessa Matilde del Piemonte" la quale sposando in seconde nozze Odone, conte di Moriana e di Savoia, figlio di Umberto Biancamano, portò a lui in dote il Marchesato di Susa, Ducato di Torino, la Valle d'Aosta e molte terre e castelli del Genovesato.
Morì nel dicembre del 1091, ed estintasi con lei la Casa degli Arduinici, tutto il Piemonte fu sottosopra per le mire ambiziose dei successori, segnatamente del Marchese Bonifacio del Vasto, suo nipote. Questi, già signore della Liguria Occidentale, alla testa dei suoi otto figli forti ed arditi, reduci dalle Crociate di Oriente si lanciò alla conquista del Marchesato della defunta zia, senza trovare seri contrasti da parte di Asti, Genova e di Casa Savoia. Per quanto tradito e fatto prigioniero da uno dei suoi figli, Bonifacio che era discendente di Aleramo potè estendere il suo dominio su quasi tutto il territorio dell'odierna provincia di Cuneo.
Fu egli che, ottenuta la vittoria sui Marchesi di Susa, nell'anno 112 donò le decime di Diano alla canonica di Ferrania da lui fondata, l'anno dopo lasciò per testamento Diano con il suo territorio al figlio Bonifacio II, che aveva costituito Marchese di Cortemilia. In un'altra divisione del Marchesato dopo la morte di Bonifacio, Diano toccò al Marchese Guglielmo di Busca.

 

Si alternano poi nel dominio del luogo dei Marchesi di Ceva e di Clavesana, i quali in persona di un Ottone e Bonifacio (detto Tagliaferro) vendettero Diano al comune di Savona in data 1 Giugno 1128.
Olderico Manfredi, Marchese in Italia, lo donò per concessione imperiale, al Vescovo di Alba, sotto il quale lo tennero i Vesdomini, col titolo di Visdomini di Diano. Ma i soprusi e le angherie dei signorotti, sostenuti dall' assolutismo opprimente dei grandi Marchesi e Baroni, prepararono la via alla libertà, dando origine ai Comuni per cui i feudatari, dovettero accorrere ai ripari e concedere facilitazioni e franchigie agli abitanti delle campagne. Furono riconosciute le comunità e le corporazioni d'arte e commerciali ed i poveri servi della gleba assunsero il titolo di coloni, censuari e livellari.

 

Anche il popolo di Diano insorse e si fece al 1 Settembre 1197 cittadino d'Alba: mentre il Comune continuò a riconoscere la signoria del Vescovo, da cui però si liberò al 1 Dicembre 1292, per riconoscerla di nuovo il 1 Giugno del 1298 . Fra il continuo pullulare di signorie, con tendenze espansionistiche ereditarie, l'Italia fu sconvolta dagli audaci, che ricorsero alle lotte fratricide, per accrescere i loro domini, servendosi di milizie mercenarie, cioè delle Compagnie guidate da Lionetto d'Inghilterra, si spinse fino a Cherasco, e venne anche nel 1361 a Diano mettendolo a ferro e fuoco ed occupandone la rocca. Fu però un governo di pochi anni perché nel 1372 il Marchese Manfredo di Busca liberò Diano dagli inglesi.

 

Nel trattato di matrimonio, steso nel 1387 tra Ludovico di Francia e Valentina Visconti, si trovano segnati un Manuele e di un Giovanni di Saluzzo, che tenevano ciascuno una parte di Diano, con aderenza a Galeazzo Visconti di Milano, Conte di Virtù.
Con atto del 5 Maggio 1392 l'antipapa Clemente VII di Savoia, donò Diano ad Amedeo VI di Savoia. Sorse molto probabilmente in quegl' anni il Castello di Diano, uno dei più forti dell' Albese, il quale riportò gravissimi danni nel 1412 per cause delle crudeli fazioni di quei tempi.
Anche qui, come altrove, arsero ferocissime le contese tra Guelfi e Ghibellini, cioè tra i partigiani del Papa ed i fautori dell'imperatore: e nell' Albese specialmente l'odio contro Federico Barbarossa ed i suoi eredi rimaneva vivido, tenace. Si raggiunse anzi il parossismo nella lotta feroce tra loro dei Marchesi, Conti e dei Vassali, i partigiani per interesse della Chiesa o dell'Impero; si videro, nello stesso casato, guelfo il padre e ghibellino il figlio, nemico l'uno dell'altro.

 

Ed anche a Diano Teodoro II Marchese di Monferrato, che vi aveva qualche pretensione e che era un feroce ghibellino, spinse gli abitanti a lasciare il partito del loro Marchese Raimondo di Busca, che ostinatasi ad essere guelfo coi Provenzali. Furono cosi segrete trame, congiure sedizioni, risse esili, stragi, confusioni e distruzioni di case e di famiglie intere.

 

Raimondo, che da prima era stato costretto ad uscire da questo luogo, venne poi assaltarlo all'improvviso e vi pose a sacco le case più rivoltosi.
A riscontro non passò l'anno che i Ghibellini,coi soccorsi di Teodoro e del Vescovo di Alba il quale li favoreggiava, l'assaltarono e presero il castello, distruggendovi ogni cosa spettante al Marchese Raimondo ed ai suoi aderenti. Si intromisero per la pace alcuni Comuni, i quali, - narra il Casalis - diedero consiglio alle parti contendenti di mettere il Castello in deposito ad Ottone di Rotari, o Roero Conte di Monticello , come appunto fu fatto. Ma il Marchese Raimondo che tale deposito era già tenuto più lungamente ch'egli non volesse, ricorse ad Amedeo Duca di Savoia, principe sagace, che già lo aveva già fatto suo consigliere, decorandolo col titolo di cavaliere, il Duca ordinò allora al Colombier, capitano del suo esercito, che recuperasse per il Marchese la terra di Diano: tuttora la collina viene chiamata Moncolombetto, dal nome del suddetto capitano.

 

Ciò eseguito, il popolo dianese decise di abbandonare il suo natio che divenire un'altra volta soggetto a Raimondo; il quale osservando che i mezzi da lui adoperati per conciliarselo non ottenevano lo scopo, giudicò conveniente il rimettere al Duca ogni sua giurisdizione ed ogni diritto su Diano purché Amedeo gli facesse restituire il dominio di Busca, posseduto dai suoi successori: 4 Ottobre 1416. Non essendosi potuto tenere ciò, il Duca assegnò, al Marchese un censo perpetuo di 400 fiorini annui sopra Chieri: del quale censo per più lustri godettero Marco e Antonio figliuoli di lui. Ma la contesa tra Casa Savoia ed il Monferrato, Milano e Venezia, si trascinò a lungo e finalmente, per la pace di Ferrara del 1433, -26 Aprile, Amedeo dovette restituire al Marchese di Monferrato, suo parente, le terre della Langhe che gli spettavano, tra cui Alba e Diano.

 

Fu allora che il Duca Amedeo di Savoia obbligò lo sventurato Gian Giacomo, figlio di Teodoro, a cedergli il feudo e le terre oltre il Po' e la Dora, e ingrandì i suoi domini a spese dei vicini, iniziando quella "politica del carciofo" che doveva poi portare all' unità della Patria. "L'Italie est un artichaut que la maison de Savoie doit manger feuille à feuille".

Diano soggiacque così sotto i Principi del Monferrato, fino alla pace di Cherasco del 6 Aprile 1631 in cui passò con altre numerose terre dell'Albese e del Monferrato, definitivamente sotto al dominio del Duca Vittorio Amedeo I di Savoia. I Dianesi però tentarono di opporsi alle genti del Duca, ma poi privi della speranza di vedersi protetti dal Marchese di Monferrato, e vedendo che contro di loro erano già state poste le artiglierie sulla collina soprastante, e che già fulminavano la loro terra, si arresero.

 

Poco dopo Vittorio Amedeo fece abbattere completamente il Castello e diede la giurisdizione di Diano con il titolo comitale a Ruffino Ottavio di Castiglione Falletto: 12 Ottobre 1631.
Si inizio così un periodo di relativa quiete e di maggior pace. Non si pensi di felicità, poiché ognuno può facilmente immaginare che felicità fosse quella dei medioevali, in cui per evitare guai maggiori, doveva abitare in tuguri, con piccole aperture, pigiati all'inverosimile, sulle sommità dei colli e delle rocche: ecco una delle cause principali per cui tutti i nostri paesi sono posti sull'alto delle rocche e dei colli, con le case appollaiate attorno al vetusto castello, generalmente comprese nella cerchia delle mura.

 

 

Fortezze medievaliPrima dell'invenzione delle artiglierie (sec. XV), le fortezze ed i castelli non erano facili a pigliarsi; collocati su una rocca, o in mezzo a paludi, acquistavano ancora per arte quella forza che sempre consentiva la natura del luogo: fosse l'acqua, ponti levatoi, trabocchetti, sotterranei, feritoie.
Tutti sanno che in quei secoli, a chi era povero e debole, si lasciava la scelta fra due modi di essere assassinati, ma uno bisognava sceglierlo, o assassinato da ladri casuali, vaganti, o dai ladri fissi nei castelli. Generalmente era data precedenza ai secondi; e così intorno ai castelli si formò quella timida clientela di casupole e capanne di contadini, che si mutarono poi più tardi in paesi, borghi, e città .

Di Diano abbiamo pure cenno nel prezioso volume "Corona Reale di Savoia di Mons. Francesco Agostino Della Chiesa - 1655", il quale afferma " ch'era castello molto forte dei Marchesi di Busca, poi dei Rotari ed ai giorni nostri del Presidente Ottavio Ruffino di Savigliano, il cui figlio D. Henrico lo possiede…".
In "Francesco Guasco - Dizionario feudale" sotto i titoli: Diano d'Alba ne sono così brevemente riassunte le vicende storiche:
-Sede comitale durante lo scadimento di Alba. Nel ducato d'Italia fino al 950. Nella marca d'Italia del 950- Marchese di Ceva Anselmo, 1120. Ottone e Bonifacio (detto Tagliaferro) di Ceva , marchesi di Clavesana vendono al Comune di Genova il 1 Giugno 1128. Olderico Manfredi, marchese d'Italia, donde per la donazione imperiale al Vescovo d'Alba, sotto il quale lo tengono il Visdomini di Alba, che si intitolano Visdomini di Diano. Il popolo di Diano si fa cittadino di Alba il 18 Settembre 1197, ma il Comune seguita a riconoscere il Vescovo, del quale scuote la signoria al 1 Dicembre 1292, per riconoscerlo di nuovo al 1 Giugno 1298. Viene occupato da una Compagnia di ventura inglese nel 1361, alla quale lo toglie il Marchese Manfredo di Busca nel 1372. Clemente VII antipapa, dona Diano ad Amedeo VI di Savoia il 5 Maggio 1395. Per insurrezione popolare aiutato dal Vescovo di Alba dal Marchese di Monferrato, Diano e tolto a Raimondo di Busca ed è depositato in mano di Oddone Roero al 21 Novembre 1412. Detto Raimondo lo ricopre al 27 Giugno 1413 e rimette il possesso diretto al duca Amedeo di Savoia al 4 Ottobre 1416, il quale a sua volta lo rimette al marchese Giacomo di Monferrato il 6 Marzo 1420. Dai successori ne fu infeudata Dal Pozzo Amedeo, Conte al 12 Settembre 1582. Per la pace di Cherasco venne in potere del duca Vittorio Amedeo I di Savoia al 6 Aprile 1631, che l'infeudò al conte Ruffino Ottavio, con signore di Castiglione Falletto al 12 Ottobre 1631.

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